Tim Anderson, LA SPORCA GUERRA CONTRO LA SIRIA. Washington, regime e resistenza, ed. Zambon, 2017

 

Questo libro non racconta solo la genesi e gli sviluppi della guerra che sta martoriando la Siria. E’ anche un “manuale” di lettura delle crisi che da alcuni decenni stanno sconvolgendo il Medio Oriente e i Paesi “arabi” che si affacciano sul Mediterraneo. Ci offre un paradigma per capire, invitandoci a usarlo con indipendenza critica di pensiero.
Il capitolo che riassume e rilancia le questioni fondamentali che l’autore sviluppa nelle precedenti 250 pagine è il capitolo 13, in cui sintetizza le forme dell’intervento occidentale e ne individua le motivazioni nella persistente “mentalità coloniale”.
La prima forma è la “colonizzazione del linguaggio”, con la quale “l’Occidente reinventa attivamente la propria storia allo scopo di perpetuare la mentalità coloniale” (p. 251). A questo scopo le “culture imperiali hanno inventato un’ampia varietà di pretesti dal suono accattivante” per giustificare i loro interventi militari, diretti o per procura, nelle ex-colonie e nei Paesi di recente indipendenza. Questi pretesti abbiamo imparato a conoscerli: si chiamano, di volta in volta, “protezione dei diritti delle donne” (v. Afghanistan) oppure “instaurazione di una buona governance” (v. Iraq, Libia, Siria…) o “sostegno alle rivoluzioni” (v. Egitto, Siria…) o ancora, più italicamente, missioni umanitarie, missioni di pace, missioni di polizia internazionale (v. D’Alema e successori). Non dimenticheremo mai la plateale menzogna dell’amministrazione Bush sulle armi di distruzione di massa in mano a Saddam Hussein.
In realtà ce ne ricordiamo quando qualcuno ce lo rammenta, ma subito pensiamo ad altro… mentre, invece, l’Occidente, governi USA in testa, continua a usare quel modello, che ancora funziona. Anche perché viene sostenuto dalla propaganda capillare degli smemoratissimi “media embedded”, dove embedded sta per “incorporato, cooptato”, praticamente “a libro paga”: i mezzi di comunicazione più letti e seguiti sono in mano ai miliardari sostenitori dei candidati alla presidenza USA o ai loro alleati tra i Paesi del Golfo.
Tutto questo è diffusamente documentato da Anderson. Se non ci fossero altre ragioni per scegliere di andare “oltre le religioni”, di abbandonare tutte le religioni nelle loro forme istituzionalizzate, a noi sembra che basterebbe questa: per annullare la “grande scusa”, la coperta sotto la quale si commettono le più atroci ingiustizie nelle relazioni tra persone, tra governanti e governati/e, tra uomini e donne, tra nazioni, tra gruppi di potere in competizione per il dominio. Le religioni che hanno giustificato e ancora giustificano omicidi, stragi e guerre sono state e sono armi di distruzione di massa. L’Occidente “cristiano” faccia autocoscienza, per primo a partire da sé, e l’ONU diventi il luogo supremo di questa autocoscienza planetaria.

Il capitolo più difficile e doloroso, per me, è quello in cui l’autore elenca tra gli embedded anche alcune ONG che vanno per la maggiore e che ho sempre considerato “dalla parte giusta”: AVAAZ, Human Rights Watch, Amnesty International… Soprattutto per quest’ultima ho ricevuto una vera doccia fredda; eppure a pag 133 il quadro che l’autore ne traccia è sconfortante. Mi riprometto di parlarne con gli amici e le amiche che la sostengono da anni con molta convinzione, ricevendo anche il mio appoggio e un po’ del mio denaro.

Tornando alla Siria: nel 2011, nel periodo delle primavere arabe, anche in Siria si stava sviluppando un “movimento per le riforme politiche”, le cui prime manifestazioni vennero infiltrate da uomini armati che aprirono il fuoco su poliziotti e civili. Il “mito occidentale” parla, invece, di violenze indiscriminate da parte delle forze di sicurezza siriane per reprimere le manifestazioni politiche e sostiene che i “ribelli” sono nati in questo movimento di riforma.
Questa è stata la scusa buona per indurre gli USA ad esercitare la “responsabilità di proteggere” (cap. 10), nuova versione dell’intervento umanitario. Che contraddice – lo capiamo bene – tutte le solenni dichiarazioni, quella della Carta delle Nazioni Unite e quella della Carta dei Diritti Umani, che affermano il diritto degli Stati e dei popoli all’autodeterminazione. Qui si svela il “doppio gioco” dell’Occidente, basato sulla dottrina nordamericana secondo cui “una superpotenza benevola non sfrutta il proprio ruolo dominante, ma si prodiga nel sacrificio di sé allo scopo di fornire un ‘bene pubblico’ a tutti” (pag. 209). Mica male!

Qui entra in ballo la seconda faccia della medaglia “mentalità coloniale”: anche le popolazioni dell’Occidente colonialista subiscono l’impatto di questa eredità culturale, convincendosi che la propria cultura sia “centrale, se non universale, e hanno difficoltà a prestare ascolto ad altre culture o a imparare da esse” (pag. 251). La storia dell’imperialismo occidentale non è finita, ma tocca anche a noi aprire gli occhi e imparare a guardarci intorno con attenzione critica. E riflettere su questo “senso maschile per la violenza e il sangue”, che dà pessima prova di sé dovunque.
Tim Anderson documenta, sulla base di una notevole mole di testimonianze scritte e orali, che “quasi tutte le atrocità attribuite all’esercito siriano sono state commesse da islamisti sostenuti dall’Occidente”, e che l’ISIS “è una creazione degli USA e dei suoi più stretti alleati”.

Ovviamente vi rimando alla lettura del libro per conoscere la sua ricostruzione dei fatti e le sue fonti di informazione. Da parte mia termino dicendo che sono pregiudizialmente e consapevolmente contrario a ogni forma di potere colonialista, a qualunque livello. “Pregiudizialmente” vuol dire che mi sono fatto una convinzione radicata sul “potere” e sulle sue pratiche, “dopo” averlo conosciuto; quindi, in realtà, non è un pre-giudizio, ma una convinzione motivata. Sono contrario a prescindere, anche prima di conoscere i dettagli.

E poi… Che vita è uccidere e venire uccisi? Vivere nella paura e nel terrore? Non c’è più agricoltura, artigianato, servizi sociali pubblici… solo ricerca di sopravvivere, di nascondersi, di fuggire… Se succedesse a noi? qui dove viviamo?
Perché non pretendiamo che i nostri governi smettano di praticare, sostenere, appoggiare chi uccide in qualunque altrove? Solo per ingrassare i già grassi speculatori della finanza mondiale?…

Infine: perché dovrei credere a Tim Anderson? In fondo non ho personalmente alcuna possibilità di verificare la fondatezza delle sue analisi, la verità delle sue fonti e delle sue affermazioni… Il mio è un atto di fede!
No, in verità io non “credo”, ma leggo con attenzione vigile e critica. Sono fortemente sostenuto nel prestargli fede, oltre che ascolto, dalla storia imperialista degli USA e della NATO, cioè dei Paesi che la compongono. I militari che manovrano sono a servizio degli interessi privati dei finanziatori dei candidati alla presidenza USA. Le bugie di Bush per scatenare la guerra contro l’Iraq sono non solo un precedente eloquente, ma un anello di una strategia ormai collaudata. Come la Libia (v. pag. 212).
Beppe Pavan

Per chi volesse avere un approccio diretto al testo di Tim Anderson propongo la lettura degli incipit di tutti i capitoli che lo compongono.