Una Bibbia per l’umanità.

Non ho mai faticato così tanto a trovare le parole per cominciare a presentare un libro che mi ha entusiasmato. E allora lo faccio così come mi è venuto mentre lo chiudevo e pensavo a come farvelo conoscere, accettando di buon grado gli eventuali sorrisini…

È come la Bibbia ebraico-cristiana, ma con un altro immaginario: plurale femminile invece di singolare maschile. È una bibbia dell’umanità, con un grande vantaggio rispetto a quell’altra: qui non ci sono tutte quelle pagine “brutte” che Mary Daly avrebbe volentieri strappato dalla nostra Bibbia, riducendola a un fascicolo di poche decine di pagine.

È una narrazione nata e sviluppata all’interno di una cultura radicalmente matriarcale:

“Queste Tredici Madri rappresentavano tutto ciò che di bello c’è nella Donna e, in quanto parti del Sogno delle Origini, vennero a camminare sulla Terra, formando la Sorellanza che lega insieme tutte le donne come controparti sognanti al fine di manifestare il Sogno Originale di Pienezza sul piano fisico. (…) Pace perfetta e armonia, rispetto per tutti gli esseri viventi, amore senza condizioni, la verità come guida ultima delle nostre vite, eguaglianza per tutti, sono solo alcuni degli elementi del Sogno Originale di Pienezza” (pp. 27-28).

Queste Madri insegnano all’umanità a rinascere dopo la distruzione causata dall’avidità degli uomini: ci ricorda qualcosa?

L’Autora ha messo per iscritto la secolare tradizione orale delle origini del suo popolo, che è l’umanità, ricevuta da due anziane ultracentenarie kiowa, popolazione nativa del Nord America:

“Le nonne Cisi e Berta mi hanno trasmesso il dono della conoscenza delle Tredici Madri e ora è tempo per me di trasmettere questo dono alla Sorellanza dell’Umanità” (p. 16).

Da donne a donne, come sempre… Ma anche gli uomini possono beneficiare di questa conoscenza e di questi doni:

“I ruoli maschili e femminili nel genere umano germogliano dalle Tredici Madri Clan delle Origini, che emersero come aspetti della Madre Terra e di Nonna Luna, perché tutte le cose sono nate dal femminile”. (…) È necessario tuttavia che ogni donna conosca l’eredità che le è stata lasciata, perché solo così potrà imparare a guarire se stessa prima di reclamare il suo ruolo di guaritrice e nutrice degli altri. In questo modo l’aspetto ferito del femminile non avrà più bisogno di essere ostile, arrabbiato, separatista o manipolatore per nascondere antichi dolori e le donne potranno presentarsi come i modelli guariti, guidando le altre attraverso l’esempio che rappresentano anziché farlo attraverso la conquista o la competizione maschile. In questo modo consentiranno al nostro mondo di trovare un nuovo punto di equilibrio tra maschile e femminile” (pp. 16-17).

Come ognuno/a di noi è contemporaneamente e di volta in volta i diversi terreni su cui Dio semina la sua parola – secondo l’immaginario trasmessoci dai vangeli nella parabola del seminatore – così ognuna/o di noi è – può essere – invitata/o a essere, dal Grande Mistero, tutte le forme della Madre Terra, rappresentate e incarnate dalle Tredici Madri:

“Il cerchio sarà chiuso quando ogni essere umano potrà vedere la Bellezza dentro di Sé e dentro tutti gli altri. La trasformazione della competitività, della separazione, della gerarchia, della gelosia, dell’invidia, della manipolazione, del controllo, dell’egoismo, dell’avidità, della dipendenza, le vecchie ferite, il credersi superiori devono essere superati per poter raggiungere l’interezza. Questi atteggiamenti sono i nemici dell’umanità e si trovano nella parte in Ombra del nostro Sé e non fuori di noi” (p. 33).

Ogni Madre Clan ci insegna un’abilità. Quella del Sesto Ciclo Lunare, ad esempio, si chiama Cantastorie e

“ci insegna a parlare dalle nostre verità personali e dal nostro Sacro Punto di Vista quando ci è chiesta un’opinione. Quando non ci è chiesto un commento, ci insegna ad ascoltare senza sentirci obbligate ad aggiungere consigli non richiesti. (…) Parlare in verità è un’arte che non comporta mai il giudizio. (…) Come Cantastorie, una persona che voglia parlare in verità senza puntare il dito può condividere una storia su come lei stessa ha imparato una lezione o ha attraversato positivamente un momento di crisi” (p. 113).

Non so voi… io la sento come Madre Protettrice e Guida di noi uomini in cammino…

Due parole sulla struttura del libro. Ogni capitolo presenta una delle Tredici Madri: una breve sintesi del suo specifico insegnamento, seguita dalla trascrizione del racconto trasmesso oralmente dalle antiche antenate fino a Jamie Sams. Che ringrazio con tutto il cuore per questo libro, insieme all’Editrice Venexia per averlo pubblicato e a Luciana Percovich per avermelo prontamente segnalato.

Come vorrei che non ci limitassimo ad una conoscenza intellettuale di queste “buone pratiche”, ma le facessimo diventare nostre con ricerca e applicazione costanti!

Vi abbraccio e vi porto con noi in Nicaragua e Guatemala, ad incontrare qualche saggia donna maya…

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Ina Praetorius, L’ECONOMIA E’ CURA. La riscoperta dell’ovvio, IOD edizioni, 2016

Non ho ancora finito di leggerlo, ma prima di andare in stampa desidero condividere la riflessione che Adriana Maestro fa nella presentazione e che dice il senso della “radicalità del pensiero della Praetorius”, che sta “nel farci vedere che per ricreare il mondo bisogna ripensarlo, a partire da un lavoro indispensabile sul linguaggio”.
“Basti pensare a come la recente crisi finanziaria e bancaria sia stata fatta passare per crisi economica, coerentemente a come oggi l’economia si autodefinisce e a quello che reputa debba essere considerato ‘economico’. Gli effetti sono stati devastanti, milioni di persone buttate sul lastrico, inasprimento delle condizioni del lavoro, aumento smisurato delle condizioni di povertà e di fame sull’intero pianeta, uomini, donne, bambini che si muovono in massa in cerca di una possibilità di sopravvivenza: una crisi globale, come sappiamo.
Ma proviamo ora per un attimo a capovolgere il nostro punto di vista. Proviamo a pensare, a osare di pensare, che possa essere stata la nostra idea di economia, quello che noi riteniamo sia l’economia, ad aver portato a questa rovina. Il fatto di esserci allontanati dalla definizione di economia come attività volta a soddisfare i bisogni degli esseri umani, primo fra tutti la conservazione della vita e della qualità della vita. (…)
Se è vero che l’occultamento dell’ovvio è stato operato ad arte, è anche vero che per la stragrande maggioranza delle donne e degli uomini questo inganno è ormai introiettato come vero, indiscusso e incontrovertibile. Per questo motivo, occorre un paziente lavoro di decostruzione e ricostruzione fatto di nuove pratiche, nuove parole, nuovi simboli. (…)
Sulle nostre coste si infrangono ogni giorno corpi che ci dicono, ci fanno vedere concretamente l’assurdità e la tragedia di quell’ovvio celato. (…) niente è più come prima, tutto è da rifare, c’è da ridefinire un nuovo ordine”.

Ce lo chiedono i e le migranti che ogni giorno – quelli e quelle che non muoiono lungo il tragitto – arrivano sulle nostre coste, costretti/e da quell’economia che non è “cura delle casa comune”, ma speculazione e ladrocinio da parte dell’1% dell’umanità a danno del restante 99.

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Kazmo Ishiguro, IL GIGANTE SEPOLTO, Einaudi 2015
Un romanzo intrigante, ambientato in un tempo fantastico, poco dopo la morte di re Artù, nella Britannia abitata da due popolazioni tra loro nemiche: i sassoni e i britanni. Ma una bebbia misteriosa, generata da un drago femmina, ha steso una coltre di amnesia sul territorio: le persone non ricordano nulla, né il bello delle loro vite né i torti subiti o i dolori provati.
Una coppia molto anziana si mette in cammino per raggiungere il figlio che se n’era andato di casa per stabilirsi in un villaggio vicino. Almeno questo è ciò di cui sono convinti. Sono innamorati e non si lasciano un istante; incontrano persone e situazioni anche difficili, ma cortesia e sincerità li aiutano a proseguire il viaggio senza dimenticarne la meta. Però il desiderio di veder morto il drago si accompagna a poco a poco al dubbio sull’esito che avrà la scomparsa della nebbia: continuerà a regnare la pace tra britanni e sassoni? O riacquistare la memoria dei passati conflitti scatenerà odio e vendetta?
Il viaggio di questi due vecchi è anche un cammino di consapevolezza: non solo degli antichi dissidi tra i due popoli, ma anche dei torti reciproci di entrambi. Ma la memoria a poco a poco riacquistata deve fare i conti con l’amore tenero e tenace che li lega e a cui non intendono assolutamente rinunciare. E la memoria si fa perdono. E fiducia, anche verso gli sconosciuti. Le relazioni sono sempre intessute di sincerità, dolcezza, rispetto.
Mi sembra una formidabile metafora del cammino di trasformazione della nostra maschilità: un cammino che si intraprende – salvo eccezioni – quando si è già un po’ avanti negli anni, quando la consapevolezza si accompagna più facilmente alla serenità e al perdono, per se stessi prima ancora che per gli altri. Quando si impara a parlare con verità sorridendo e guardando negli occhi l’interlocutore. Quando le relazioni d’amore si rivelano la cosa più preziosa e più bella che ci potesse accadere di vivere e a qualunque cosa si è disposti a rinunciare pur di non vederle morire. Quando impariamo a sollevare con coraggio la nebbia della rimozione dai nostri ricordi brutti, chiamandoli consapevolmente per nome e liberandoci così da pesanti sensi di colpa e di vergogna-
E allora, per metterla in politica, mi sembra un errore fondamentale “rottamare le persone anziane” da parte dei giovani, invece di fare un pezzo di cammino insieme, convivendo con la loro saggia diversità. All’isola della nuova vita si traghetta individualmente, ognuno e ognuna ci arriva con le proprie gambe; ma su quell’isola ci si ritrova insieme, con la compagna o il compagno della vita e con i compagni e le compagne di cammino, a condividere la felicità per il tempo che ci resta.
bp