Donne, il rispetto riparte da Colonia.

Lo scempio consumato la notte di Capodanno a Colonia sta imponendo a tutta l’Europa una rinnovata riflessione su quali siano le basi su cui impostare una convivenza tra “noi” e “gli altri” che sono arrivati e continuano ad arrivare. In queste basi, ai primissimi posti c’è il rispetto delle donne, nel corpo e nel pensiero, nella vita privata e in quella pubblica. “Gli altri”, si è detto, sono spesso portatori di un vissuto – un mix di religione, tradizioni e usi – di sottomissione femminile se non di autentica prevaricazione, e questo vissuto ha prodotto le molestie di massa nella piazza principale di Colonia.
A ricordarci bruscamente che la questione della religione come veicolo (o alibi?) della sottomissione delle donne non riguarda solo l’islam interviene con un certo tempismo la teologa femminista Elisabeth E. Green, pastora delle chiese evangeliche battiste di Cagliari e Carbonia. La tesi, assai nota, è che “lo stesso cristianesimo è stato terreno fertile per la cattiva pianta di leggi e tradizioni che opprimono e discriminano le donne”, ed era stata già sintetizzata nel 2000 nel saggio Lacrime amare (…).
Green continua: il cristianesimo ha stabilito un “nesso tra donna e peccato”, innescando un “processo di colpevolizzazione” che arriva ai giorni nostri; come non ricordare l’enfatizzazione della docilità della donna e della sua sottomissione presente in alcune Lettere del Nuovo Testamento, oppure il ‘paternalismo’ di padri della Chiesa come Sant’Agostino… (…)
Se è vero che sul rispetto delle donne si gioca parte della partita della convivenza con le comunità immigrate, è altrettanto vero che occorre una attenta autocritica ‘interna’ alla società occidentale, cristiana e secolarizzata. I residui di quella “cultura cattiva”, e che evidentemente sono penetrati a fondo in secoli di marginalizzazione femminile, sono davvero sepolti per sempre? La domanda resta aperta e basta uno sguardo a certi programmi tv e pubblicità per capire che tanto resta da fare sul cammino di una reale ed effettiva pari dignità.
Vale la pena qui accennare a un altro libro da poco pubblicato sul tema, scritto da una psicologa torinese, Silvia Bonino. In Amori molesti (Laterza, pagg. 146, € 15) la studiosa ricorda come sia la parte più antica (a livello evolutivo) del cervello, quella rettiliana, a favorire nell’uomo una sessualità aggressiva e nelle donne una tendenza alla sottomissione e alla paura. Istinti, si potrebbe semplificare, corretti dall’evoluzione e dalla socialità positiva che si instaura tra le persone.
Ma la società spesso solletica proprio gli istinti primitivi dell’uomo (che dire della pornografia diffusa, della libertà elevata a idolo, delle donne-veline, del perpetuarsi di rapporti di potere sul lavoro e in famiglia, del sesso usa e getta tra gli adolescenti…) e il risultato è che in Europa, nella “nostra cultura che si considera orgogliosamente evoluta”, almeno il 10 per cento delle donne ha subito qualche forma di imposizione sessuale.
La conclusione di Bonino in fondo è la stessa di Green: serve ancora tanto lavoro. Educativo, prima di tutto. E forse una sana autocritica: anche ripartendo da Colonia.

Antonella Mariani – su Avvenire del 17.1.16 (proposta da Arci)